sabato 4 gennaio 2020

Milena Magnani e Starnuto Nolente al Fondo Verri



“Le Mani e l’Ascolto” XIX edizione

Rassegna di incontri con il pianoforte tra parole e suoni al Fondo Verri 


Domenica 5 gennaio2020, doppio appuntamento al Fondo Verri, in via Santa Maria del Paradiso 8, a Lecce, al mattino, alle 11.oo, l’aperitivo per l’Epifania con la presentazione del romanzo “Il circo capovolto” di Milena Magnani riedito da Kurumuny. Con la scrittrice, l’organetto di Donatello Pisanello e la voce di Piero Rapanà.
L’appuntamento serale, dalle 20.00, è con la poesia per la performance per voce e contrabbasso di Luca Tommasicchio in “Starnuto Nolente”.

Nel romanzo il “Circo capovolto”, riedito da Kurumuny, Milena Magnani racconta di “un campo rom al confine di una città. Si intravedono fabbriche in disarmo, tangenziali, supermercati. Un villaggio con leggi e lingua proprie, visitato episodicamente da polizia, operatori sociali, autoambulanze. C'è un capo burbero, diffidente, violento. Quando arriva Branko l'ungherese, l'accoglienza è fredda: deve restare ai margini fangosi del campo. Eppure a sera gli vanno intorno i bambini, incuriositi dal suo grosso baule. Vogliono conoscere la sua storia. Ogni sera, fuori dal rifugio di lamiere, Branko ne racconta un pezzo. Una storia di circo e di guerra, di acrobati e campi di sterminio. Branko è discendente di una dinastia di circensi. Il nonno ha perso la vita insieme a tutta la sua famiglia in un campo di prigionia. Il padre di Branko, unico sopravvissuto, ha celato al figlio le proprie origini. Ma il passato torna a galla, e Branko ripercorre le orme del nonno. La luce del giorno scopre la durezza del vivere, ma al calar del sole Branko riprende il racconto e infine mostra ai ragazzini il contenuto del misterioso baule. Dentro c'è un intero circo, con clavette, birilli e trapezi. E allora la sera si colora, e i bambini si trasformano in acrobati, clown, giocolieri. La voce di Branko, dolce, fragrante di sogni e di futuro, è in realtà la voce di un morto. L'ungherese è stato ucciso ma non sa morire, non fino a quando non è sicuro che abbiamo capito che l'immaginazione è più forte, che la vita è più forte”.

Starnuto Nolente è uno spasmo involontario che si esprime attraverso un’interpretazione teatrale e rituale di versi e un arrangiamento musicale in cui il contrabbasso viene esplorato in tutte le sue possibilità espressive dalla più classica alla meno consueta, e si serve dell’impiego di oggetti di uso più o meno quotidiano utilizzati come percussioni, di tanti bicchieri di vino, e di tutto ciò che può servire ad amplificare l’atmosfera rituale e visionaria dell’esibizione.
Starnuto nolente è un tentativo di generare un rito. Un rito in cui, naturalmente, il flusso di coscienza espresso in versi, di suggestioni date dalla natura, incontaminata o urbana che sia, dalle relazioni con gli altri sconosciuti di passaggio o intimi, si coniuga col linguaggio istintivo e ancestrale della musica. Musica e versi cercano in ogni modo di abbracciarsi e di individuare la melodia che le accomuna, provando ad esprimerla, amplificandola. Ogni suggestione che può arrivare dal suono di una parola e dalle allegorie che questa può portare con se, viene esplorata attraverso le possibilità della voce, delle sue sfumature di tono e di espressione, e amplificata dalla forza grave, calda e avvolgente del contrabbasso. Per far questo lo strumento voce e il contrabbasso vengono utilizzati in modo non convenzionale. I versi non vengono letti, ma recitati melodiosamente, le corde del contrabbasso non vengono soltanto accarezzate dai crini dell’archetto, ma percossi da un mallet da batteria, o vibrati da una forchetta, la cassa armonica utilizzata come un tamburo. Anche oggetti di uso quotidiano (una tinozza, una lamina di alluminio, il coperchio di una pentola, una spatola, una bottiglia, ecc.) trovano spazio in questa ricerca, e i suoni che da essi si possono ricavare si aggiungono alla melodia per amplificarne l’efficacia, o per romperne le regole. Così starnuto nolente vuole creare il suo rituale. Ritrovare l’intenzione di un simposio. Traghettare lo spettatore in un viaggio costellato di percezioni e di incontri, di empatie momentanee e salvifiche, di contatti umani che sfidano ancora incessantemente la prepotente virtualità dei nostro oggi, in nome dell’empatia del bisogno di stupirsi di fronte alla natura e alla bellezza di panorami mentali, cittadini e umani carichi di contraddizioni, di eroismi e di fallimenti, ma sempre genuini e luminosi.

Si ringrazia MERICO Pianoforti, Cantina BONSEGNA NardòCAROLI Hotels