Sabato 14 novembre 2015, alle 18.30 al Fondo Verri
l’incontro con il professore Donato Coppola
Docente di Paletnologia all'Università "Aldo Moro"
di Bari. Tema dell'Incontro saranno le ultime ricerche archeologiche nella
grotta di Santa Maria di Agnano a Ostuni dove nel 1991 fu ritrovata
“Delia”, quella che viene definita la “donna di Ostuni”.
Il calco in gesso di Delia nella sua sepoltura |
“La donna di Ostuni” é
l'importantissima scoperta dovuta al
professor Donato Coppola (all’epoca paletnologo dell'Università romana di
Tor Vergata), nella grotta di S.
Maria d'Agnano: gli scheletri di una
donna morta circa 25.000 anni e del bimbo che portava in grembo, sono
eccezionalmente ben conservati. La grotta di Ostuni é stata frequentata dalla fine del quarto millennio, nel
terzo millennio e parte del secondo millennio a.C., da gruppi umani di
allevatori di bestiame che nel secondo millennio a.C. divennero veri e propri
pastori che alle soglie dell'età del ferro, creeranno villaggi intorno ad
Ostuni. Solo Ostuni infatti, divenne un villaggio fortificato nell'VIII secolo
e diventò città messapica nel IV secolo e a cui si sostituì la città medievale.
Tutti questi popoli sono accomunati dal culto, così come testimonia la grotta
di S. Maria d'Agnano. Qui a partire dal paleolitico superiore (circa 25.000 -
20.000 anni fa), avvenivano le sepolture e proprio qui la scoperta
sensazionale: una donna incinta morta, i cui resti sono stati ritrovati in
ottimo stato di conservazione, con il feto pressoché intatto. La grotta si apre
alla base del monte di Ostuni. E' una grande voragine che ha subito varie
modifiche nel corso dei secoli. La grotta é poi diventata meta di culto anche
in età cristiana. Una cappelletta all'esterno serviva a riparare i fedeli dalle
intemperie. Venne fatta costruire da un vescovo nel seicento. Nell'interno é
ancora possibile vedere tracce di affreschi, probabilmente di età bizantina.
Nella parte sinistra della grande cavità, c'é una piccola cappella
cinquecentesca, con un affresco della Vergine. La pavimentazione é lucida,
segno del passaggio delle migliaia di fedeli che si recavano in pellegrinaggio.
Questa grotta era sicuramente ricca di affreschi. Quello della Vergine é
l'unico arrivato fino ai nostri giorni. In una parte della grotta avvenivano i
seppellimenti (risalenti al Paleolitico superiore). Fu proprio qui che dopo
anni di ricerche, il prof. Donato Coppola portò a termine il ritrovamento dello
scheletro di “Delia” con il feto ancora intatto. Per la prima
volta, infatti, i resti di due consanguinei vissuti in età pleistocenica, sono
giunti fino a noi in perfetto stato di conservazione. Il prof. Coppola si calò
in una piccola apertura che gli permise di percorrere un cunicolo nella cui
parte superiore, ebbe l'immensa emozione di scorgere lo scheletro di Delia e
del feto. Il problema a quel punto, consisteva nell'asportazione degli
scheletri, senza che fossero danneggiati. Si procedette così, alla rimozione in
blocco del pavimento, sotto il quale, appunto, c'erano i resti ossei.
All'interno del cunicolo (una micro cavità non alta di 40-50 cm.), sono ancora
visibili conchigliette 'incastonate' nella roccia. Facevano parte dell'arredo
delle sepolture. Le operazioni di recupero furono, come si può immaginare,
molto difficoltose. Grosse assi di ferro, furono saldate tra loro a formare
grandi cassoni di contenimento (ognuno dei quali pesava 2 ql. e mezzo), per le
sepolture. Accanto al corpo dell'infelice madre, non furono posti oggetti da
noi considerati di valore (l'oro non era ancora conosciuto), ma per quelle
genti le conchigliette rappresentavano molto che semplici monili ornamentali.
Erano oggetti utilizzati quotidianamente e assumevano notevole importanza
proprio in occasione di particolare coinvolgimento emotivo, a testimonianza
della grande solidarietà che esisteva fra queste genti. Il gruppo di cui faceva
parte 'la donna di Ostuni' si occupò della sua sepoltura, deponendola con le
gambe contratte nella fossa. Il cranio é costellato di conchigliette forate.