VERRI
Antonio Leonardo // Spettacolo di scrittura
Quello
che #radioFondoVerri vi propone per #iorestoacasa è uno “Spettacolo di
scrittura”, quella di Antonio Leonardo Verri interpretata dalle voci di Simone
Giorgino e di Piero Rapanà e dai suoni di Claudio Prima e Fabrizio Piepoli. I
brani letti a voce alta sono tratti da “Il pane sotto la neve” (1983)
nell’edizione curata per Kurumuny da Maurizio Nocera (2003), da “Antonio
Galateo – Fabbricante d’Armonia” edito da Erreci Edizioni nel 1985,
Le
musiche che ascolterete sono “Marie Merci”, “Ferma Zitella” cantata da Claudio
Prima e “Snoshti Minav Niz Kozhuv Planina”
cantata da Fabrizio Piepoli tratte dall’album di Tabulè “Marie merci” del
2003 e “Favole” cantata da Maria Mazzotta tratta da “Penelope” disco degli
Adria del 2010.
https://soundcloud.com/user-388325014/verri-antonio-leonardo-uno-spettacolo-di-scrittura-traccia-1
Piccola
storia di Antonio Leonardo Verri
Ehi,
guarda! C'è una 126 blu, una scatoletta che porta in giro un gigante, su e giù
per il Salento, per cose di Cultura. Una faccenda di "affaccenda-menti", cultura militante, pura, emotiva,
istintiva; per niente accademica! Per niente proprio, perché Antonio Leonardo
Verri - il poeta nato a Caprarica di Lecce il 22 febbraio del 1949, figlio
della terra, di mamma Filomena e di papà Raffaele - non s'era voluto laureare,
tanto era preso dalle parole...
«Che
il tempo è poco», si diceva, «è inutile sprecarlo per il "titolo",
meglio mettere le mani al fare». E via ad "affaccendar menti", a dar da fare, progetti di fogli, di
riviste, di libri sempre più azzardati...
Osare,
osare solo così si poteva tentare di dare visibilità alla "stupenda
generazione" che Verri, il poeta, da poeta, percepì e costruì negli anni
Ottanta, memore di quegli altri che prima, per tutto il Novecento, s'erano dati
da fare per dare lustro, dignità e forma al Salento, alla sua identità
culturale. L'esempio massimo Antonio Leonardo Verri lo trovava in Girolamo
Comi, il barone di Lucugnano, che, giù giù, a Finibus Terrae, nel 1948, dopo
essere stato a Parigi, a Milano, a Roma, diede vita, con una bella compagine di
sodali, all'Accademia Salentina, una comunità letteraria, un cenacolo, un
convivio che si mise a pensare a come la cultura, il far rivista, L'Albero, si
chiamava quella che s'inventarono, poteva muovere e far più ricca l'identità
salentina. Così fece Verri con il suo Pensionante de’Saraceni , negli anni
Ottanta, partendo da via Milite Ignoto, a Caprarica. Pensate, nella terra del
"mamma li turchi", dei Martiri d'Otranto, Verri, s'era fatto,
"Pensionate de' Saraceni" colui che accoglie lo straniero, il
diverso, il nemico... il saraceno, il turco... E via su e giù per il Salento
con la scatoletta blu... A concertare sogni! Ah quei sogni... Premonizioni
proprio, veggenze... Quante nella sua scrittura... Poeta, da poeta, vedeva
chiaro, e ciò che scriveva diventava realtà, o faceva in modo che lo
diventasse... "Fate fogli di poesia poeti", recita il suo manifesto,
prendetevi un teatro per farci dentro una rivista, amate i poeti beoni… ah il
suo Edoardo, il suo Salvatore Toma, quanta passione, quanta cura per le loro
disperate vite! Poi, venne un sabato, e le sua grida... E fu subito domenica,
una domenica di pianto, per molti che da tutta la puglia giunsero qui, orfani
del fabbricante d’armonia… Chissà se quel grido ha avuto il tempo di
concertarlo, volando, con la scatoletta blu come un proiettile incontro alla
morte, era il 9 maggio 1993.
Un
aristocratico è un contadino, Comi e Verri, innamorati della propria terra,
senza se e senza ma, a lavoro per dar lustro a una cultura antica di millenni,
aperta al mare. Come la prora d'una nave Verri s’immaginava il Salento, la Nave
Castro, che imbarca generi diversi, lingue, esperienze creative andando
incontro all'altro, coinvolgendolo nell'avventura del Fare.
Mauro Marino